1 Pietro 2, 9-10

Predicazione tenuta dal pastore Emanuele Fiume presso la Zwinglikirche, domenica 28 luglio 2019.

"Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa; voi, che prima non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia". (1 P 2, 9-10)

Voi che non eravate, voi siete. La vostra fotografia, la nostra fotografia di gruppo, tutti insieme, scattata dall’apostolo Pietro con la macchina fotografica di Dio, quella che mostra quello che siamo, quello che siamo diventati ma che non sempre vediamo e di cui non sempre abbiamo coscienza. Che cosa ci mostra questa fotografia?

Ci mostra che siamo nel mondo e siamo alla presenza di Dio quale popolo di sacerdoti. E tutto questo non per la nostra buona volontà, non perché vogliamo esserlo, ma grazie alla misericordia di Dio.

Voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, voi siete il popolo di Dio. Questa parola non vi rivela i cristiani che dovreste essere, ma i cristiani che siete. Sacerdoti, cioè dove siete voi, lì c’è comunicazione con Cristo.

L’immagine della chiesa, quella del nuovo popolo di Dio. Con tre caratteristiche. La prima, la chiesa di Gesù Cristo è stata eletta dal nulla, dal non essere, per farla essere, mediante la parola irresistibile dell’Vangelo. Voi che prima non eravate… adesso siete. Mentre quelli che credevano di essere, sono inciampati sulla pietra e sono caduti. Dunque è la chiesa dei predestinati da Dio. Seconda, il popolo è un popolo di sacerdoti, di medium tra Cristo e l’umanità. Portano il nome di Cristo agli uomini e alle donne che non conoscono questo nome o che lo conoscono male, che lo conoscono solo in superficie, o che suppongono soltanto di conoscerlo. Non lo devono portare. Lo portano. La presenza di un cristiano è la presenza di uno che appartiene a Cristo, di uno che è parte, che è proprietà di Cristo. Quindi, la presenza di un cristiano è la presenza mediata, la presenza in forma sacerdotale di Gesù Cristo stesso. Questo sacerdozio appartiene a tutti i credenti. Non a una parte dei membri di chiesa, ma a tutti i membri della chiesa. Non al clero, non ai ministri. A tutti i battezzati. E il suo fine è quello di essere mediatore, cioè di rappresentare Dio davanti agli umani e gli umani davanti a Dio. Ora la mediazione non avviene con il sacrificio di sangue, perché Gesù ha già offerto se stesso una volta per tutte con il sacrificio unico sulla croce, ma con il sacrificio della vita e delle labbra: con la preghiera portiamo tutti a Cristo, e con la testimonianza portiamo Cristo a tutti.

Ora, l’affermazione della parola di Dio che dichiara i credenti in Cristo pietre viventi, sacerdozio reale e nuovo popolo di Dio, può essere riassunta nel cosiddetto “sacerdozio universale di tutti i credenti”, che è diventato una bandiera del protestantesimo. Ma, come vediamo da questa lettera, da tutta la prima lettera di Pietro e dalla parte che predichiamo oggi, il sacerdozio universale ha il compito di proclamare la virtù di colui che vi ha chiamati (v. 9). Nel pietismo, il movimento di fine Seicento che inventò la definizione di “sacerdozio universale” (anche se il concetto – ma non l’espressione – è di Lutero), e nel testo biblico, questo significa essenzialmente il servizio a Cristo nella dimensione mondana. Non significa credere di poter fare tutto in chiesa, significa poter testimoniare Cristo fuori della chiesa. Il sacerdozio universale non riguarda il ministero nella chiesa. Riguarda la tua vita. Tu sei cristiano, i tuoi amici, i tuoi colleghi lo sanno, allora porti il nome di Cristo in modo efficace, perché dal fatto che ci sei o non ci sei dipende il rapporto con Dio di tante persone vicino a te. Nel loro essere davanti al Signore, tutti quelli che ti sono vicini dipendono da te. Esattamente come tu dipendi da altri credenti. E questo è il punto. Tante volte abbiamo sentito dire che il sacerdozio universale significa che ciascuno è sacerdote di se stesso. Non è così. Non è il solipsismo del rapporto con Dio. Io vi dico che sacerdozio universale significa che ciascun credente è Cristo del suo prossimo. E’ l’ambasciatore di Cristo, è la proprietà di Cristo, è l’affermazione di Cristo che va incontro agli altri uomini e alle altre donne, particolarmente quelli che sono ancora nelle tenebre, ma anche per quelli che sono nella luce, perché la luce può essere offuscata, velata e coperta. Siamo responsabili davanti a Dio non di noi stessi, ma delle nostre sorelle e dei nostri fratelli. Anche di quelli che questa mattina non sono qui con noi davanti a lui. Anzi, lo sono, anche loro sono davanti a Dio perché noi li portiamo in preghiera, e intendiamo portare loro la parola della pace e della riconciliazione di Cristo con tutta l’onestà di cui siamo stati resi capaci. E per essere così sacerdoti non bisogna fare, ma essere. Essere in Cristo con coerenza e obbedienza, e sarai per gli altri come il tuo Signore è per te. Vedete, da storico ho sempre riflettuto su un dettaglio della Storia della Chiesa. Questo. Tutte le persecuzioni contro la chiesa fedele non avevano origine dal fatto che i cristiani facevano, ma dal fatto che erano. L’ignoto legionario di Tertulliano, un eroe di guerra che rifiuta l’onorificenza pagana perché è credente, dice: “Christianus sum”, viene immediatamente condannato a morte. I valdesi nel Medio Evo, che raccontavano la Bibbia a memoria e pregavano. Molte chiese in Cina, in alcuni paesi arabi, chiuse con pretesti dal governo. I cristiani perseguitati e fuggiaschi nel Medio Oriente. Perché? Che cosa hanno fatto, che cosa fanno? Nulla, non fanno nulla. Sono. Sono chiesa di Gesù Cristo, pregano, pregano anche per le autorità che li perseguitano, battezzano, celebrano la Cena, predicano. Il sacerdozio, l’essere corpo di Cristo nel mondo, riguarda l’essere e non il fare. Riguarda il servire e non il vantarsi. Due domande sul tuo sacerdozio universale. Prima: qualcuno che oggi ti incontra stasera o in un altro giorno ringrazierà Dio di averti incontrato oggi. Te ne ricordi? Lo sai che tutti, tutti sanno che sei un credente e che si aspettano da te una parola, un gesto e un servizio in cui riconoscere Cristo? E lo sai che è normale che tu non per come di vedi allo specchio, ma per come ti vedi rivelato in questa fotografia di Dio, è normale che tu sia così, che tu sia per gli altri un avvicinatore di Cristo?

Secondo, il servizio sacerdotale è un servizio di intercessione, di comunicazione tra gli esseri umani e Dio mediante la preghiera. In questa settimana, per chi pregherai? Chi accompagnerai davanti a Dio con la tua preghiera? Chi sarà affidato da te, dalle tue incerte parole, dai tuoi pensieri che spesso vagano di qua e di là, ma nonostante questo la tua preghiera affiderà qualcuno a Dio in persona. Senza saperlo questo fratello e questa sorella avranno parte nel grande mistero della preghiera, dell’ascolto di Dio e della sua risposta potente.

Siamo il nuovo popolo dei sacerdoti di Dio. Non è un vanto, è un servizio a Dio e al prossimo. Vite sacerdotali che glorificano Dio e che servono il prossimo. Vite sacerdotali che non dipendono dal fare, ma dalla profondità, dall’obbedienza e dalla coerenza dell’ascolto del Vangelo, di quel Vangelo che questa mattina ci ha mandato questa mai vista fotografia di noi, suo popolo, sua chiesa.

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