"C'è ancora un domani" (P. Cortellesi)

Predicazione su Ezechiele 37, 1-14

Testo della predicazione tenuta dal prof. Emidio Campi presso la Chiesa valdese di Zurigo in occasione del Culto di Pentecoste, domenica 19 maggio 2024

1 La mano del SIGNORE fu sopra di me e il SIGNORE mi trasportò mediante lo Spirito e mi depose in mezzo a una valle piena d'ossa. 2 Mi fece passare presso di esse, tutt'attorno; ecco erano numerosissime sulla superficie della valle, ed erano anche molto secche. 3 Mi disse: «Figlio d'uomo, queste ossa potrebbero rivivere?» E io risposi: «Signore, DIO, tu lo sai». 4 Egli mi disse: «Profetizza su queste ossa, e di' loro: "Ossa secche, ascoltate la parola del SIGNORE!" 5 Così dice il Signore, DIO, a queste ossa: "Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e voi rivivrete; 6 metterò su di voi dei muscoli, farò nascere su di voi della carne, vi coprirò di pelle, metterò in voi lo spirito, e rivivrete; e conoscerete che io sono il SIGNORE"». 7 Io profetizzai come mi era stato comandato, e come io profetizzavo, si fece un rumore; ed ecco un movimento: le ossa si accostarono le une alle altre. 8 Io guardai, ed ecco venire su di esse dei muscoli, crescervi la carne, e la pelle ricoprirle, ma non c'era in esse nessuno spirito. 9 Allora egli mi disse: «Profetizza allo Spirito, profetizza figlio d'uomo, e di' allo Spirito: Così parla il Signore, DIO: "Vieni dai quattro venti, o Spirito, soffia su questi uccisi, e fa' che rivivano!"». 10 Io profetizzai, come egli mi aveva comandato, e lo Spirito entrò in essi: tornarono alla vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, grandissimo. 11 Egli mi disse: «Figlio d'uomo, queste ossa sono tutta la casa d'Israele. Ecco, essi dicono: "Le nostre ossa sono secche, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti!" 12 Perciò, profetizza e di' loro: Così parla il Signore, DIO: "Ecco, io aprirò le vostre tombe, vi tirerò fuori dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi ricondurrò nel paese d'Israele. 13 Voi conoscerete che io sono il SIGNORE, quando aprirò le vostre tombe e vi tirerò fuori dalle vostre tombe, o popolo mio! 14 E metterò in voi il mio Spirito, e voi tornerete in vita; vi porrò sul vostro suolo, e conoscerete che io, il SIGNORE, ho parlato e ho messo la cosa in atto", dice il SIGNORE».   

 

Cara comunità,

il testo indicato dal lezionario per questa Domenica di Pentecoste ci trasporta indietro nel tempo, a circa duemila e seicento anni fa. Eppure, a ben guardare, è di una attualità impressionante, non appena si conosce il contesto in cui è sorto e il messaggio che trasmette. Siamo a Babilonia, all’incirca nell’anno 587 a.C., dove erano stati deportati migliaia di israeliti, dopo che l’esercito del re babilonese Nabucodonosor aveva preso e dato alle fiamme Gerusalemme, distrutto il Tempio. Tra i deportati vi era anche il sacerdote Ezechiele, il cui nome vuol dire «Dio è forte» o «Dio sarà forte», quasi un compendio del messaggio profetico che sarà chiamato ad annunziare al suo popolo.

La situazione è funerea. Sconfitti e ridotti in schiavitù, essi vanno ripetendo: “Le nostre ossa sono secche, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti!" (Ez 37,11). Sono sfiancati, demoralizzati. Si aggirano nella grande città di Babilonia, simbolo del massimo potere umano che si considera pari o superiore a Dio, come degli scheletri rinsecchiti, cadaveri ambulanti. Li tormenta il pensiero: È tutto finito per noi?  Che ne è delle promesse di benedizioni fatte da Dio ad Abramo e alla sua discendenza? Sono state annullate a motivo dai peccati del popolo?  Tutto sembra indicare che nessuno potrà ormai ridare vita a Israele, ridotto a un’immensa distesa di ossa secche, sparse nella pianura sterminata del paese dei vincitori.

In questo contesto storico il sacerdote Ezechiele ha una visione, nella quale viene chiamato da Dio ad annunciare il prodigio inaudito che egli sta per compiere: Dio ridonerà vita a quelle ossa disseccate, farà rinascere gli israeliti a nuova vita; li spezzerà le catene materiali e spirituali che li avvincono e li ricondurrà nella loro terra (Ez 37, 12-13).

L’ordine sembra a prima vista assurdo. Il profeta dovrà predicare a quella massa di ossa aride. E il contenuto del messaggio sembra ancora più assurdo: rivivete, tornate a essere creature vive, in carne, ossa, nervi, arterie, pelle. Impossibile, tempo sprecato, pensa Ezechiele.

Eppure, l’'impossibile si avvera. Come?  La scena è non solo «descritta» da Ezechiele nel nostro testo, ma anche «dipinta» in un ciclo di affreschi antichissimo, quasi certamente risalenti all’anno 244 d.C.  Essi adornavano la sinagoga di Dura Europos, una città situata oggi in Siria, a poca distanza dal confine con l’Iraq. Furono scoperti e riportati in luce nel 1932 (1). Vediamoli da vicino:

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Nella prima scena sono raffigurate, oltre al triplice colloquio di Ezechiele con Dio, braccia, gambe, teste e varie parti del corpo di persone che sono state violentemente uccise, fosse comuni piene di cadaveri accatastati. Sono il teatro di un’aspra battaglia e di una strage.

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Nella seconda, i corpi delle persone sono tornati integri, si notano quattro figure femminili alate che si dirigono verso i corpi e soffiano delicatamente lo spirito e il respiro della vita in essi.

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Nella terza scena, dieci uomini in vesti bianche rappresentano la rinascita. Il profeta indica questo gruppo e la congregazione nella sinagoga può identificarsi con loro, poiché essi sono in posizione eretta, con le braccia e le palme delle mani protese verso il cielo, la classica iconografia dell’orante nell’antichità.

Dunque, l'impossibile si è compiuto: lo Spirito divino creatore, invocato da Ezechiele è intervenuto: «Io profetizzai come mi era stato comandato, e come io profetizzavo, si fece un rumore; ed ecco un movimento: le ossa si accostarono le une alle altre. Io guardai, ed ecco venire su di esse dei muscoli, crescervi la carne, e la pelle ricoprirle». Manca ancora il fiato vitale. Allora il Signore ordina a Ezechiele di chiedere allo Spirito di passare su quegli organismi ancora inerti: «"Vieni dai quattro venti, o Spirito, soffia su questi uccisi, e fa' che rivivano!"». Ezechiele profetizzò come gli era stato ordinato, e lo «Spirito entrò in essi: tornarono alla vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, grandissimo» (Ez 37, 7-10).

Questa profezia non si riferiva alla risurrezione dei morti come la intendiamo noi, ma al ritorno in patria dei deportati. In effetti, nel 539 a.C. il re di Persia   Ciro, il quale così entrò nel 539 a.C. conquistò Babilonia, consentì il rientro degli Ebrei in Palestina e la ricostruzione del tempio di Gerusalemme. Tuttavia, nei secoli successivi, essa fu oggetto di studio e di riflessione da parte dei rabbini, acquistò grande importanza e contribuì a far sbocciare l’idea che, alla venuta del messia, tutti i giusti sarebbero ritornati in vita per partecipare alla gioia del nuovo Regno. Nel libro di Ezechiele, però, il profeta voleva annunziare, attraverso la scena impressionante appena evocata, la sperata rinascita di Israele che allora era come morto nell'esilio e nella schiavitù «lungo i fiumi di Babilonia» (Sal 137,1), ove era stato deportato dopo la distruzione di Gerusalemme del 587 a.C., ordinata da Nabucodonosor.

Anzi ancor più, alla base di questo possente libro profetico c'è la certezza che «il Creatore del mondo, che ha plasmato all’origine l’essere umano […], per la sua misericordia gli restituirà di nuovo lo spirito e la vita» (2 Mac 7, 23).  Il centro del massaggio di Ezechiele è: ovunque interviene lo spirito del Signore, lì giunge la vita. È accaduto all’inizio del mondo, quando Dio, dopo aver plasmato l’uomo dalla polvere del suolo, soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente (Gn 2 ,7). Lo stesso spirito di vita continua ad operare ancora oggi in ogni situazione di morte: quella degli odi e dei rancori atavici fra popoli, delle incomprensioni e dei dissidi familiari, delle divisioni nella comunità. Nulla è irrecuperabile per lo spirito del Signore, egli può ricomporre e ridare vita anche a ossa inaridite.

La Pentecoste, come la festa dello Spirito santo, ci dice: non perdete la speranza! Lo Spirito divino può infondere nuova vita anche a chi è apparentemente o realmente morto. E lo fa! Credo che questo sia particolarmente utile per noi oggi sottolinearlo. Le sfide del nostro tempo, le difficoltà dell’annuncio, le sconfitte incassate, l’indifferenza, le nostre attività dagli scarsi esiti, spesso ci intimoriscono, spesso ci lasciano demoralizzati e rassegnate. Come i deportati a Babilonia, pensiamo: «Le nostre ossa sono inaridite e la nostra speranza è scomparsa. Siamo tagliati fuori!" (Ez 37,12b). Non è il caso di dilungarsi negli esempi tratti dall’attualità, sia in ambito politico (si pensi alle guerre in corso), sia in ambito privato, soprattutto nella Chiesa (si pensi alla decrescita delle nostre comunità). Eppure, bisogna annunciare la speranza, anche quando tutto sembra contradditorio. Anche quando tutto sembra andare per vie altre, anche quando le tenebre sembrano prevalere sulla luce, Dio ci annuncia – per usare il titolo di un film di grand successo in questi giorni: “C’è ancora un domani”. Dobbiamo fidarci di Dio, dobbiamo abbandonarci alla sua volontà sulla nostra vita, dobbiamo credere alla sua Parola! Concludo citando il titolo dell’inno che canteremo tra un momento, finito nel nostro innario, ma che era originariamente il canto del movimento per i diritti civili degli afroamericani negli anni Sessanta del secolo scorso, guidato dal pastore e martire Martin Luther King: WE SHALL OVERCOME, ONE DAY” – “Noi trionferemo und di”.  Auguro a tutti una Pentecoste benedetta dal Signore, un bellissimo lunedì di Pentecoste 2024 e, naturalmente, la migliore settimana possibile.

Amen

 

(1) Per approfondire: Joel Duman Jo Milgrom,  Ezekiel - From Destruction to Restoration at Dura Europos e  Yoanna Planchet, The Old Testament Prophecy of the Resurrection of the Dry Bones between the West and Byzantium, in Arts 10 (February 2021), no. 1.

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