Profumo di vita

Predicazione su Marco 14, 1-11

Predicazione tenuta dalla pastora Lidia Maggi presso la Zwinglikirche, domenica 7 aprile 2019.

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Giobbe e i suoi amici, Eberhard Wächter1797-1824

Quaresima, un tempo per ripensare la fede

Il tempo che precede la Pasqua intende promuovere la sapienza del rallentare il passo, dello sfrondare le vite da tutti quegli elementi inessenziali che le ingolfano, così che possa emergere il cuore dell'evangelo, il Cristo morto e risorto.

Quaranta giorni, un tempo liturgico che rimanda ai quarant'anni nel deserto, in cui Israele ha imparato a lasciarsi nutrire direttamente da Dio. Per noi, un tempo di verifica, di purificazione, per interrogarci sulla nostra bulimia di passioni tristi, che impediscono alla gioia pasquale di fluire. Un tempo per rivisitare la nostra dieta spirituale e interrogarci sulle  carenze alimentari: che ruolo ha la preghiera, quel dialogo prezioso con Dio? Che ruolo gioca la comunità di fede, dove Dio mi parla attraverso la voce del fratello e della sorella? Che peso riveste la Parola che, come  buon pane di vita, sfama e fortifica il mio cuore?  L'esodo di Gesù, dalla morte alla vita, è come un parto. La quaresima, un tempo di gestazione prezioso per custodire e far crescere in noi la speranza della nuova vita.

Quando il travaglio ha inizio, non lo si può sospendere. E così anche noi, nel tempo che precede la Pasqua, attendiamo di cogliere quelle contrazioni vitali dell'animo che ci fanno percepire i vagiti della rinascita. Dolore, fatica, ma anche gioia. Moti dell'animo contraddittori, per tenere assieme l'annuncio della vita nell'agonia dell'ultima ora.

Ritornare al cuore della fede

Ogni anno torniamo sulla scena-madre della fede cristiana. Ed ogni volta dobbiamo riconoscere che qualcosa di quella scena ci sfugge. Che più cerchiamo di comprenderla e più sentiamo che ci resiste. Come tenere insieme il piano di Dio (“bisogna che il figlio dell’uomo soffra…”) e le scelte umane (“tennero consiglio per farlo morire…”)?  E poi, il problema dei problemi: come interpretare il “per noi” di quella morte cruenta? Espiazione, dono, esito di una vita? Certo, nel conflitto delle interpretazioni fornite in duemila anni di cristianesimo, qualche evidenza rimane. Impossibile non vedere in quella scena il capovolgimento dell’immaginario religioso che, da sempre, ha pensato un Dio che domanda all’umanità di sacrificarsi per Lui; mentre sul Golgota è Dio che si sacrifica per noi. Sulla croce scorgiamo un volto di Dio differente da quello percepito dal sentire comune; lì, si rivela il Dio di grazia.

Un racconto finestra

La narrazione della passione di Gesù si apre con un racconto-finestra attraverso cui osservare il seguito tumultuoso degli eventi: una miniatura che anticipa e interpreta ciò che segue. Una sosta  nella corsa precipitosa della narrazione. Una chiave per entrare nel mistero della morte di Gesù. Perchè la sua morte ci salva? E come ci salva?  A partire dall’episodio dell’unzione di Betania (Marco 14,1-10) si  può leggere l’intera vicenda di Gesù fino alla sua morte e risurrezione.

Il quadro è incorniciato con il drappo nero della condanna a morte, già pronunciata

(I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di prendere Gesù con l'inganno e

di ucciderlo v. 1) ed immediatamente dopo portata ad  esecuzione (Giuda Iscariota, uno dei dodici, andò dai capi dei sacerdoti con lo scopo di consegnare loro Gesù v.10).

Siamo all'interno di una casa. La condanna a morte su Gesù è già stata promulgata. Gesù è braccato. Il pericolo però non viene solo dall'esterno, ma dai suoi stessi amici che lo consegneranno e tradiranno fino a lasciarlo solo, in balia del carnefice.

Gesù sperimenta una profonda  solitudine, attorniato da discepoli che non vogliono capire cosa stia succedendo. Lo immagino triste, con lo stomaco in subbuglio...e loro ignari, che chiacchierano, forse ridono e fanno battute. La situazione è surreale:  una scena ordinaria, uno dei tanti momenti di ristoro, in una tavola, mentre già l'odore di morte invade l'atmosfera. Come possono mangiare, discutere, in una situazione così? Il loro amico e maestro sta per essere consegnato? Avrà lo stomaco bloccato dall’angoscia e più tardi suderà sangue…

Hanno lì di fronte un povero, a cui una condanna ha sottratto il bene più prezioso, quello della vita; e loro discutono in astratto sul problema della povertà.

Gesù somatizza la situazione drammatica. Il corpo teso, invisibile agli occhi dei suoi, reclama cura e attenzione; riceve, invece, indifferenza.

Chi distenderà i suoi muscoli contratti, massaggiandolo con mani amiche? chi lo rassicurerà, accarezzandolo con tenerezza? chi lo conforterà nella sua ultima ora?

Il tocco di un'amica

Un’amica c’è. La chiesa ha dimenticato il suo nome, nonostante quel condannato a morte, come ultimo desiderio, avesse chiesto che la memoria di questa donna fosse per sempre collegata al suo evangelo (Mc 14,9). E difficile trovare parole per esprimere vicinanza quando qualcuno sta male. Occorre un linguaggio non verbale: un vasetto di alabastro, olio pregiato e profumato versato sul capo dell’afflitto. Per un attimo l’odore della morte sembra allontanarsi, facendo posto alla fragranza mediterranea. Quell’unzione è quasi un abbraccio. In piedi, davanti a lui, una donna sembra volerlo proteggere oltre che consolare e incoraggiare. Un linguaggio semplice e solenne assieme. Gesto quotidiano, collocato  nella casa, nel luogo del focolare, degli affetti; e nello stesso tempo solenne, capace di evocare le unzioni sacre dell’antico Israele. La donna sembra dire: “sacro è il tuo corpo, perché davvero lì abita Dio. Tu sei il Messia che risorgerà. Tu sei l’amico che io profumo e consolo”.

La donna senza nome e senza parole, parla il linguaggio dell’amicizia e della fede. E’ espressione di quell’antica lingua femminile, capace di unire il quotidiano con lo straordinario, l’alto e il basso, il corpo e lo spirito.

Il codice della gratuità

Un gesto che stride nel clima di inconsapevolezza e distanza che attornia Gesù. Di qui l’ostilità dei presenti nei confronti della donna. Essa è l’unica “in sintonia”: sente empaticamente e comprende il vissuto di Gesù, la sua vocazione a donarsi totalmente.

Il suo gesto, sapientemente posto come portale d’ingresso al racconto della passione, non comunica solo un affetto più forte della morte. Ci insegna anche a leggere la morte di Gesù. E lo fa suggerendo come chiave interpretativa “il codice della gratuità”.

Esso traspare nel gesto della donna  e nello stesso corpo che verrà donato.  Entrambi i gesti esprimono un gratuito che assomiglia allo spreco. Gesù muore per i peccatori che gli infliggono l’ignominiosa  condanna del maledetto, mentre i suoi discepoli lo abbandonano e rinnegano.

Ci chiediamo a cosa sia servita la morte in croce di Gesù; e in tal modo cerchiamo di spiegare col “codice della necessità” quel gesto di dedizione incondizionata che, invece, si sottrae a tale logica, si presenta come spreco.

Vita come profumo

La morte per Gesù in questa miniatura è dunque perdita, profumo sparso.

Ma l’olio  profumato è anche perdita felice, buona novella. Poiché racchiude in sé i segni della risurrezione: una vita donata più forte della morte.

L'evangelo è questo: un profumo che si spande, che non puoi trattenere, spreco felice, ben oltre il calcolo. Quel profumo è giunto fino a noi. La sua scia è una boccata di aria fresca nella cupa angoscia dell'esistenza.

Alla scuola di Gesù, la sua chiesa e ogni credente, scopre la vita come vaso di nardo profumato. A noi la scelta, custodirla sigillata come tesoro prezioso che può essere saccheggiato o aprirla perchè il profumo si espanda e tutta la stanza sia riempita di fragranza. La perdita, lo spreco, diventano ricchezza per tutti, eccedenza di bellezza. Anche noi siamo chiamati ad essere profumo di vita. Anche noi, alla scuola di Gesù, siamo chiamati a vivere la vita come profumo da donare. Evangelizzare non è altro che questo: portare fuori di noi il profumo della fede, senza voler trattenere, chiudere. Vi riconosceranno per il profumo di nardo...

Profumo di vita

Gesù ci salva così: ci strappa dalla sindrome del controllo, dalla voglia di trattenere, conservare e ci insegna a rischiare. E' solo aprendo la vita che il profumo di vita si espande. La morte di Gesù non è il sacrificio necessario per ripagare un debito inestinguibile: è vita donata fino alla sua estrema conseguenza, fino a lasciarsi spezzare. Ma  quella vita spezzata diventa profumo che si espande, pane che nutre, eccedenza di bellezza che non si può trattenere, scia profumata che giunge fino a noi.

Noi siamo qui perchè il profumo di Cristo ha contagiato le nostre vite fino a trasformarle in fragranze uniche.

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